sabato 22 agosto 2020

LA PATATA BOLLENTE

 


CENTRALI TERMICHE A GASOLIO E CARBONE.

PREDICARE BENE E RAZZOLARE MALE.

Un giornalista ha risposto “Sono dei politici”.

Possono raccontare barzellette solo perché sono politici. AVEVA RAGIONE LA NONNA (Tanto sono tutti uguali).

Tra un vaccino, una promessa, un lockdown si tira alle lunghe. Dov’è finita la corsa all’energia verde? Oppure attendiamo che il costruttore di turno spalmi con olio e burro chiarificato questo o quel politico.

La corsa alle auto elettriche è una bufala, per smaltire le batterie occorrono 5.000€

Senza contare che in Italia pochissimi hanno un garage o un approdo dove ricaricare le batterie delle proprie auto.


12 centrali sparse tra Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Lazio, Puglia e Sardegna producono elettricità bruciando carbone. Otto sono di proprietà dell’Enel, due di A2A, una della E.ON e una della Edipower. Nel 2014 hanno soddisfatto il 13,5 per cento del consumo interno lordo di energia elettrica a fronte delle emissioni di ben 39 milioni di tonnellate di CO2, circa il 40 per cento di tutte le emissioni del sistema elettrico nazionale. Allo stesso tempo, nel frattempo 521 morti all’anno per cause legate direttamente agli effetti dell’esposizione ai fumi della combustione di carbone.


Numero di centrali a carbone in Italia

12 (fonte: Assocarboni)

Fabbisogno elettrico soddisfatto rispetto al totale

13,5% nel 2014 (fonte: Terna)

Decessi prematuri dovuti al carbone

521 all'anno (fonte: Università di Stoccarda, 2010 - Greenpeace)

Emissioni di CO2

39 milioni di tonnellate all'anno, pari al 40% prodotto dal sistema elettrico nazionale



L’Italia non dispone ancora di una exit strategy dal carbone e dove addirittura a volte si sente parlare di nuove centrali (come ad esempio il progetto di "saline ioniche” a Reggio Calabria, recentemente archiviato). L’area in cui doveva sorgere è già devastata da stabilimenti mai decollati che hanno fatto solamente la gioia della ‘ndrangheta.


Non tutti gli arcipelaghi, tuttavia, dispongono di un allaccio alla rete elettrica nazionale; è il caso, ad esempio, delle isole al largo della Sicilia: Eolie, Egadi, Pelagie, Pantelleria. Esse, anche a causa della distanza dalla terraferma, sono da sempre elettricamente autosufficienti.

Gli stabilimenti di produzione sono spesso privati, quasi sempre con fonti non rinnovabili. Malgrado l’enorme potenziale solare ed eolico (si pensi alle isole Eolie, che prendono il nome proprio dal dio dei venti), la produzione di energia elettrica è affidata a centrali elettriche a gasolio, spesso vetuste e difficili da rifornire (a Stromboli, ad esempio, ogni giorno un elicottero trasporta centinaia di litri di combustibile facendo la spola con la Sicilia).

Tutto ciò a causa di vincoli paesaggistici, di difficoltà tecniche, di ritardi gestiti. Negli scorsi anni era stato anche bloccato un impianto eolico off-shore a Pantelleria, per l’impatto ambientale che le 38 pale da installare al largo dell’isola avrebbero provocato.

Una patata bollente che nessuno vuole.


lunedì 29 giugno 2020

NUMA







L'AMORE DI NUMA

Ecco amico mio, sono arrivata.
Non devi piangere, non ho paura di una semplice iniezione.
Ancora un attimo e mi riposerò per sempre.


Se domani sentirai la mia mancanza, non dire che non amerai più nessuno come hai amato me, sì sono stata la tua migliore amica, abbiamo corso, sudato e camminato per valli e boschi solo per stare insieme.


Sì ci siamo voluti veramente bene, e certamente hai capito che il mio grande amore è stato incondizionato.
Non essere triste, guardati intorno e scoprirai ancora una palla da tirare a qualcuno che scodinzolerà per riportartela

lunedì 20 aprile 2020

UNA SCELTA DIFFICILE


SOPRAVVIVENZA

Avevo 9 anni, ricordo bene i sacrifici che facevano i miei per produrre un po' di grano per la sopravvivenza di tutta la famiglia. 


Negli anni Sessanta la forza lavoro per arare per trasportare, era rappresentata dai cavalli e dai buoi.
Poi il progresso ci mise di fronte il trattore, lo usavi nel momento del bisogno e poi a riposo, qualcuno prospettò di lavorare meno e guadagnare di più. Lo stesso miraggio della moneta unica.
Non c’era da pulire la stalla, da dare da mangiare al bestiame anche i giorni di festa, un agricoltore come oggi non conosceva giorni di festa, non sapeva cosa fossero. Siamo tutti pronti al grande sacrificio per salvare la terra? Di questo si tratta. È sotto gli occhi di tutti il ritorno in questi giorni la limpidezza dei corsi d’acqua, 
trasparenza che molti non avevano conosciuto, del cielo limpido da far ammirare le stelle, aria salubre respirata solo dalle finestre per la pandemia del coronavirus.
Bisogna apprendere tutto di nuovo.
«Non esiste più una cultura della trazione animale. Nessuno più sa addestrare un cavallo da lavoro e molte attrezzature sono sparite. Sarà un ritorno lento e corrosivo. Non sarà cosa facile recuperare tutto il lavoro delle generazioni precedenti. La responsabilità sociale comporta oggi un impegno per un’agricoltura biologica ed eco-solidale, perché la difesa della persona umana, della sua salute e della sua dignità, è imprescindibile dalla difesa della natura e dell’ambiente e di una sana alimentazione. Perciò il ritorno delle tecniche tradizionali e innovative per lo sfruttamento naturale delle risorse agricole, nel rispetto dell’ambiente e dei cicli naturali e per la difesa e promozione della biodiversità – e nel contrasto all’utilizzo di pesticidi, gravemente dannosi per la salute dell’uomo e della natura, e anche per l’economia. Siamo ad un bivio tragico, e tutti sceglieremo egoisticamente la strada più facile. Non siamo pronti a salvare la Terra e noi stessi, correremo inesorabilmente verso l’autodistruzione.
Non siamo pronti ad agire. Questa tabella ci spaventa.

venerdì 17 aprile 2020

......... VIRUS MUTEVOLE .........


INEFFICIENZA DI UN VACCINO

di Maurizio Troccoli



Virus mutevole
Recenti scoperte sostengono che siamo di fronte a un virus fortemente mutevole, che compie piccole correzioni, ma in vasta scala e che quindi, potrebbe mutare fino al punto da rendere inefficace il vaccino oltre che non proteggere coloro che si sono immunizzati. Sono stati da poco resi noti studi che dimostrano come il ceppo cinese e quello europeo-americano siano ben distinguibili tra loro e questo emergerebbe dall’analisi dei loro genomi. In Europa e negli Usa – spiega un articolo di Repubblica a firma di Elena Dusi -, in particolare, leggendo l’Rna lettera per lettera, i ricercatori hanno scoperto delle mutazioni che lo renderebbero più mutevole e potenzialmente contagioso.

La scoperta «Analizzando 220 genomi del virus – è scritto -, fra le migliaia sequenziate e pubblicate online dagli scienziati di tutto il mondo, i ricercatori italiani e americani hanno puntato l’attenzione sulla mutazione dell’enzima della polimerasi: ‘Nel nostro database – scrivono sulla rivista Journal of Translational Medicine – la prima comparsa di questa mutazione è del 9 febbraio in Gran Bretagna, quando un drammatico incremento dei pazienti infettati in Europa viene registrato dall’Oms’. Circolando e replicandosi in un numero di individui così grande, come sta avvenendo oggi, le possibilità di mutazione non fanno che aumentare ulteriormente. Cambiando leggermente i suoi connotati, c’è il rischio che un giorno il coronavirus diventi irriconoscibile per la memoria del sistema immunitario (nelle persone guarite o vaccinate) o che impari a resistere ai farmaci».

Ricerca verso antivirali Contro l’enzima polimerasi sono infatti diretti molti degli antivirali usati oggi negli ospedali. E’ il convincimento che porta a virologi come Giulio Gallo a dichiarare che sarebbe forse opportuno aspettarsi di più dalla ricerca di antivirali specifici che non da un vaccino che rischierebbe, come accaduto per l’Hiv, di non essere efficace rispetto alle mutazioni del virus. Secondo il virologo Gallo, in campo restano anche le ipotesi che il virus «potrebbe sparire completamente come la prima Sars; ricomparire come la Mers, ma in maniera regionalizzata o diventare stagionale come l’aviaria. Per questo serve una cura più che un vaccino».